Sull’argomento olio extravergine d’oliva nella Grande Distribuzione Organizzata (GDO) la redazione di Arezzo di Dimensione Agricoltura ha ricevuto questa lettera, che pubblichiamo integralmente


Considerata la rilevanza dell’olio EVO nell’alimentazione e nella tutela della salute delle persone, vogliamo richiamare l’attenzione sul tema della tracciabilità dell’olio extravergine d’oliva che in alcuni casi può non riportare la campagna di raccolta delle olive in etichetta. Si sottolinea che tale omissione è del tutto legittima nel solo caso in cui l’olio EVO sia composto da una miscela di oli nazionali derivanti da due o più campagne olearie e venga venduto esclusivamente in Italia. Laddove ricorrano queste specifiche condizioni, la legge vieta esplicitamente di apporre in etichetta l’indicazione delle campagne olearie di riferimento.

Sorvolando sulla “ratio” della norma, contraddittoria ad avviso di molti e più consona agli interessi dell’industria olearia che a quelli dei consumatori, sarebbe tuttavia profondamente sbagliato dedurre che una ristretta e delimitata previsione normativa annulli “tout court” il diritto alla trasparenza delle informazioni commerciali nei confronti dei consumatori. Cosa comunque illogica visto che l’indicazione della campagna olearia è invece obbligatoria qualora l’olio derivi da un’unica annata di produzione!

Ben si comprenderà che tale diritto alla trasparenza può esser fatto valere per altra via che non sia quella della citazione in etichetta. Il consumatore o socio consumatore, può quindi acquistare olio EVO miscelato di annate diverse “immaginando”, erroneamente, che sia un olio novello perché negli scaffali è posizionato insieme agli oli che riportano l’indicazione dell’ultima campagna olearia.

Il consumatore potrebbe associare il prezzo all’età dell’olio, ma in realtà la differenza di costi tra oli nuovi e quelli più datati, non è spesso così marcata come si potrebbe ritenere corretto che fosse, e quindi non potrà effettuare una scelta sicura nemmeno basandosi sul prezzo dell’olio.

L’olio extravergine d’oliva, a detta degli esperti, è soggetto, nel tempo, alla perdita e al degrado di sostanze antiossidanti (polifenoli, acidi grassi mono e polinsaturi, etc.) essenziali per neutralizzare i radicali liberi notoriamente dannosi per la nostra salute; per queste ragioni e per essere un alimento di largo consumo gli esperti consigliano di utilizzare l’olio entro 12 mesi dalla raccolta delle olive. L’attuale normativa consente tuttavia ai produttori di indicare lassi di tempo ben più lunghi mantenendo una qualità ancora accettabile.

Queste in sintesi le proposte avanzate:

1. se non con l’etichetta i punti vendita dovrebbero fornire una scheda informativa con l’indicazione delle varie campagne olearie con le rispettive percentuali quantitative (es: olio composto dalle campagne 2022/23 10% e 2023/2024 90% o viceversa etc.) per ogni marchio di olio EVO che non riporti tali dati in etichetta.

2. In alternativa basterebbe tenere distinti a scaffale, con apposita segnaletica, gli oli dell’ultima campagna da quelli derivanti da campagne precedenti siano esse uniche, con indicazione dell’annata in etichetta oppure multiple senza indicazione delle annate in etichetta. In tal maniera si potrebbero prevenire possibili malintesi distinguendo, pur in modo generico, gli oli nuovi da quelli vecchi.

3. Negli oli EVO oltre ai parametri la cui indicazione è obbligatoria per legge (calorie, acidi grassi, sale, zuccheri, etc.) spesso viene citato un fattore aggiuntivo non obbligatorio, ovvero la vit.E, ma altri parametri, anch’essi facoltativi, che rappresentano i principali indicatori della qualità dell’olio EVO quali acidità, polifenoli e perossidi, pur importantissimi per valutarne la reale qualità, vengono omessi. Si potrebbe trattare di una pubblicità ingannevole e, quel che è peggio, persino legale, nei confronti dei consumatori poiché o si citano tutti i parametri (positivi e meno positivi) oppure nessuno.

In realtà tutti i marchi dovrebbero citare tali dati in etichetta o inserirli in una scheda tecnica, consultabile in vario modo che dovrebbe riportare anche le campagne olearie degli oli dove le stesse non sono al momento indicate.

Il consumatore o, a maggior ragione, il socio, che vuole acquistare un olio deve poterne conoscere tutte le caratteristiche fondamentali!”  Dott. Paolo Borgogni.

A termine della lettera ricevuta in redazione dal nostro lettore Paolo, abbiamo spigolato su internet sull’argomento olio e grande distribuzione, e nel sito “Teatro Naturale” abbiamo potuto leggere l’articolo “Follie della grande distribuzione sull’olio di oliva” che così inizia: “Non c’è pace sugli scaffali dei supermercati per l’olio di oliva e l’olio extra vergine di oliva. Certe operazioni commerciali non sono giustificate e giustificabili, neanche dalla presunta convenienza. Così si prendono in giro i consumatori e si fa discultura”. L’intervento prende soprattutto di mira i blend di oli così detti “condimenti” dove in campo scendono oli di semi ed oli EVO con aggiunta di aromi….

Beh questa è la conferma che forse qualche problema con gli oli extravergine d’oliva negli scaffali della grande distribuzione ci potrebbe essere, ma è anche vero che si tratterebbe solo di mettere ordine nell’esposizione dei prodotti, per far orientare meglio i consumatori. Sarebbe bene rendere obbligatoria l’indicazione in etichetta di alcuni dei parametri al momento non previsti ed in caso di blend di oli EVO, le percentuali delle annate di produzione delle singole componenti; senza parlare dei “condimenti” che dovrebbero stare altrove e ben distinti con dettaglio delle componenti in etichetta!

Quindi niente di illegale da denunciare, ma forse ci vorrebbe un po’ più di chiarezza affinché il consumatore sapesse con certezza cosa sta acquistando e se sta pagando il giusto prezzo.

GDP


A cura di Cia Arezzo / Tratto da Dimensione Agricoltura n. 6/2024