Gli enti locali, preoccupati dalla esplosione di richieste, cercano di correre ai ripari

Una doverosa premessa: è il reddito che fa la sostenibilità. La sostenibilità in agricoltura deve coniugare gli aspetti ambientali, sociali ed economici, ma il punto focale resta quest’ultimo. Senza un reddito adeguato, prima o poi l’impresa agricola chiude, il territorio non viene più mantenuto e soffre l’intero sistema economico. Come confederazione siamo da sempre sostenitori che agricoltura è paesaggio e che l’agricoltura produttiva è il miglior viatico per la conservazione del territorio.

L’agricoltura però negli ultimi anni è diventata un settore facilmente aggredibile, principalmente per mancanza di reddito. Questa è l’amara verità.

La mancanza di sostenibilità economica, oggi che si fa tanto parlare di sostenibilità, è l’elemento scatenante di un cambiamento che è già iniziato e che si manifesterà chiaramente nei prossimi anni.

Questa è una chiave di lettura per spiegare il fenomeno della richiesta di terreni agricoli per la realizzazione di impianti fotovoltaici o l’estendersi di impianti olivicoli superintensivi che niente hanno a che vedere con la olivicoltura tradizionale delle ns. zone.

Sui produttori agricoli proprietari di terreni, hanno buon gioco le sirene di chi offre importi ad ettaro per il loro acquisto od in alternativa rendite annuali impensabili con l’attività di coltivazione.

D’altra parte è lo stesso Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica ad aver approvato la proposta di decreto per promuovere la realizzazione di impianti agrivoltaici innovativi. Obiettivo dell’intervento, previsto dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, è installare almeno 1,04 GW di impianti agrivoltaici entro il 30 giugno 2026. Il testo è ora stato trasmesso alla Commissione Europea, dalla quale si dovrà attendere il via libera per l’effettiva entrata in vigore.

Il decreto ministeriale prevede il riconoscimento di un incentivo. La nuova frontiera è infatti l’impianto agrivoltaico (o agrovoltaico, o agro-fotovoltaico), vale a dire l’ impianto fotovoltaico che adotta soluzioni volte a preservare la continuità delle attività di coltivazione agricola e di allevamento sul terreno ove è installato.

Adotta pertanto soluzioni innovative come il montaggio dei moduli elevati da terra, anche prevedendo la rotazione dei moduli stessi, l’applicazione di strumenti di agricoltura digitale e di precisione e sistemi di monitoraggio che consentano di verificare l’impatto dell’installazione fotovoltaica sulle colture, il risparmio idrico, la produttività agricola per le diverse tipologie di colture.

Il tema ha raggiunto una rilevanza tale da interessare centinaia di ettari di terreno agricolo, tanto che il Ministero della Transizione Ecologica ha costituito un gruppo di lavoro che ha redatto linee guida in proposito con lo scopo di chiarire quali sono le caratteristiche minime e i requisiti che un impianto fotovoltaico dovrebbe possedere per essere definito agrivoltaico.

Nelle linee guida viene detto chiaramente che l’obiettivo degli impianti agrivoltaici è quello di riuscire a coniugare l’attività agricola, con il tema ambientale (minore ricorso a combustibili fossili e conseguente riduzione di CO2) con il reddito del produttore

Siamo consapevoli che il tema del governo del territorio, diventa sempre più complesso, dovendo coniugare la destinazione d’uso del suolo, con lo sviluppo e la sua sostenibilità, con l’impatto delle attività antropiche, il consumo delle risorse naturali, la difesa del territorio agro-forestale dall’assalto della rendita.

Se il lavoro agricolo viene umiliato con prezzi alla produzione che non consentono un margine per gli investimenti o come in molti casi di non rientrare delle anticipazioni colturali, allora ha buon gioco chi si presenta con proposte che sono destinate, come detto, a cambiare la faccia dei ns. territori.

Se il grido di allarme più volte lanciato sulla mancanza di reddito per la stragrande maggioranza della attività agricola, resta inascoltato e non si prospettano soluzioni, con molti che scambiano le aziende agricole per parchi, negando sostanzialmente il ruolo economico della agricoltura, alla quale viene attribuita una funzione essenzialmente ambientale e paesaggistica che giustifica l’imposizione di vincoli ed ingessature, spesso incompatibili con l’attività di impresa ed impensabili per altri comparti produttivi, le conseguenze sono per certi versi inevitabili.

Le amministrazioni comunali sono ora legittimante preoccupate di una modifica del loro territorio e cercano di correre al riparo, con quali risultati non è dato di sapere. Ma anche in questo caso vale la regola che prevenire è meglio che curare.

L’articolo è uscito in una pagina speciale a cura di Cia Etruria, su “IL TIRRENO” (edizione Cecina/Val di Cornia/Elba) del 20 maggio 2023. SCARICA IL PDF