di Enrico Vacirca, presidente Anp Cia Toscana


Scrivo oggi con il cuore pesante, non solo come presidente della nostra associazione, Anp Cia Toscana, ma come anziano e, per molti di noi, come nonno.

Molti di noi pensionati hanno visto guerre, ricostruzioni, crisi. Abbiamo visto il mondo cambiare, spesso in meglio. Ma oggi, guardando Gaza, ci sentiamo impotenti e feriti. Le immagini dei bambini mutilati, bruciati, uccisi sotto le bombe ci tolgono il respiro, ci fanno provare un orrore mai provato. Non sono numeri: sono volti, sogni spezzati, vite che non avranno futuro.

Penso non solo a Gaza ma anche in Ucraina, in Sudan, in Yemen, in ogni angolo del mondo dove la guerra ha rubato l’infanzia, la vita.

Per noi che abbiamo dedicato una vita al lavoro, alla famiglia, a costruire un futuro, è insopportabile pensare che un bambino perda la sua innocenza e la sua integrità fisica in questo modo. Ogni bimbo ucciso o mutilato in una guerra è un pezzo di umanità che se ne va. È come se un pezzo del nostro passato, delle nostre speranze, fosse distrutto per sempre.

Come associazione di pensionati, ci sentiamo chiamati in causa. Perché quei bambini potrebbero essere i nostri nipoti. Perché il silenzio è complicità. Perché la memoria, quella stessa memoria che evochiamo nelle nostre iniziative, ci impone di non voltare lo sguardo. Abbiamo imparato che la pace non è un lusso, ma una responsabilità. E che la dignità umana non ha confini.

Come associazione di pensionati, il nostro obiettivo è sempre stato tutelare la dignità e la vita. Oggi, chiedo a ognuno di voi di non rimanere indifferente. Non possiamo limitarci a guardare.

Dobbiamo far sentire la nostra voce, quella dei nonni, di coloro che hanno visto abbastanza. Dobbiamo chiedere ai nostri leader e alla comunità internazionale di agire, di esigere un cessate il fuoco immediato da ogni parte dove c’è guerra e di garantire che gli aiuti umanitari raggiungano chi ne ha disperato bisogno.

Chiediamo ai governi, alle istituzioni, ai cittadini: fermate i massacri. Pretendete il rispetto del diritto internazionale. Sostenete chi porta aiuti, chi cura, chi documenta. Non lasciate che l’infanzia venga cancellata sotto le macerie.

Perché la storia non dimenticherà. E non dimenticherà il nostro silenzio. Dobbiamo mostrare al mondo che la vera ricchezza di una società non si misura in denaro o potere, ma nella capacità di proteggere i lo più deboli.

Noi, che abbiamo vissuto abbastanza da sapere cos’è la sofferenza, non possiamo accettare che il mondo resti indifferente.

Lo dobbiamo a quei bambini. Lo dobbiamo a noi stessi.