di Stefano Berti, direttore Cia Pisa
In questi giorni mi è capitato di leggere alcuni recenti dati prodotti dal Centro Studi Italgrob, legato alla Federazione Italiana Distributori Horeca. “HO.RE.CA.” è uno di quei termini nuovi che sentiamo sempre più spesso. Si tratta dell’acronimo di Hotel, Restourant e Cattering (o Cafè), quindi tutte le imprese commerciali legate al turismo e alla ristorazione in tutte le sue forme. I dati riguardano i principali numeri della filiera del “fuori casa” italiano.
Eccoli di seguito (Centro studi italgrob su dati Trade Lab):
- 86 miliardi di euro: il valore del mercato dei consumi food & beverage fuori casa (sell-out) nel 2019, con un tasso di crescita del +15% negli ultimi 5 anni.ù
- Un settore fortemente legato a quello della ricettività: il 22% del valore del mercato fuori casa è generato dai turisti.
- Oltre 40 milioni: gli italiani che frequentano, quasi giornalmente, il «fuori casa» sia per motivi funzionali, sia per rispondere a bisogni sociali ed esperienziali.
- 1 miliardo: le occasioni di consumo (colazioni, pause, pranzi, aperitivi, cene, dopo cena) fatte fuori casa ogni mese.
- Oltre 320.000: i punti di consumo attivi in Italia tra bar, ristoranti, pizzerie, gelaterie, take away, discoteche. Un settore molto frammentato, caratterizzato da una bassa produttività per punto di consumo (circa 220.000 euro il fatturato medio annuale), spesso ancora a gestione familiare e già caratterizzato da un elevato tasso di turnover (circa il 12%).
- Oltre 600: le insegne della ristorazione commerciale in catena (fast food, caffetterie, hamburgerie, piadinerie, tosterie, gelaterie, pizzerie, ecc.) a cui si aggiungono gli operatori della ristorazione collettiva.
- 1,2 milioni: gli occupati nei pubblici esercizi di cui 940 mila dipendenti (media annua).
- 26 miliardi di euro: il valore degli acquisti di food & beverage nel 2019 (sell-in) effettuati da tutti i canali che compongono il fuori casa tramite grossisti, cash & carry, diretta del produttore e altri canali (Gdo, mercati generali, ecc.).
- Circa 3.800 presenti in Italia, di cui oltre 2.400 i grossisti specializzati nel fuori casa.
- Migliaia i produttori food & beverage: dalle grandi multinazionali ai piccoli produttori locali.
Francamente questi numeri vanno ben oltre quelli di cui si avesse percezione. Dimostrano ancora di più, qualora ve ne fosse stato bisogno, di quanto strategica sia questa filiera commerciale per le nostre imprese agricole, soprattutto per quelle che hanno investito e si caratterizzano per qualità, tipicità e legame al territorio.
Strategicità e connessione economica messa in luce dagli effetti pesantemente negativi già evidenti generati dal Covid-19 su alcuni comparti della produzione agricola come quelli del vino e del formaggio. Effetti negativi che, purtroppo, non si fermeranno a breve termine e investiranno anche altri ambiti per ora meno colpiti. Quelli verso Horeca sono peraltro i canali commerciali a maggior valore aggiunto per il settore agricolo.
La crisi che ha colpito pesantemente tutta la ristorazione e il sistema turistico ricettivo nella sua complessità non potrà quindi essere classificata solo come crisi di un comparto, ma riguarda anche un indotto che costituisce una bella fetta dell’economia italiana. Una fetta di economia che tra l’altro era in crescita costante da anni, una fetta di economia strategica.
Il mondo agricolo si deve quindi ritenere investito dal problema e assumersi l’onere di mettere in campo anche proprie proposte attivando strategie in sinergia con quella parte del comparto Horeca che ha necessità di produzioni agricole di qualità all’interno delle varie denominazioni, del biologico e che caratterizzano i nostri territori.
Io ritengo che i Distretti Rurali possano essere lo strumento più adatto per l’elaborazione di strategie intersettoriali dove si possano definire progettualità che definiscano tutti le varie fasi della filiera, dalla logistica, alla comunicazione, alla promozione e valorizzazione di quella enogastronomia che suscita un interesse sempre maggiore nei turisti che scelgono le nostre mete, ma anche nei cittadini in generale.
Anche gli strumenti finanziari della PAC danno già margini per attivare politiche di sostegno verso la filiera HO.RE.CA. Ci sono ad esempio i PIF, Progetti Integrati di Filiera, o i PID, Progetti integrati di distretto, che già nell’attuale programmazione prorogata di due anni, potrebbero, aprendo nuovi bandi, dare sostegno a progettualità integrate efficaci che potrebbero coinvolgere diversi soggetti.
Penso alle aziende agricole, alla ristorazione, al comparto turistico ricettivo agriturismi compresi, ai consorzi turistici, alle scuole e all’Università, alle enoteche.
Insomma margine di manovra e di azione ne abbiamo, l’importante è che insieme ai provvedimenti tampone messi in atto per questa crisi generata dalla pandemia, se elaborino e attuino anche provvedimenti più di prospettiva e mi auguro che la Cia e tutto il sistema agricolo possano esserne protagonisti. (Stefano Berti, direttore Cia Pisa)