La coltivazione del castagno in Italia ha svolto per secoli un ruolo primario sia dal punto di vista economico (produzione di castagne ed assortimenti legnosi) sia nella protezione del territorio collinare e montano. Questa coltura agricolo-forestale svolge molteplici funzioni: difesa idrogeologica; valorizzazione del paesaggio; funzione ricreativa e socioculturale; salvaguardia della biodiversità. Mutamenti economici e sociali, e negli ultimi decenni anche climatici, hanno messo in crisi il comparto castanicolo che, basato ancora su una gestione di tipo tradizionale, non ha saputo rinnovarsi e stare al passo di altri comparti della produzione primaria. Tale gap ha portato all’invecchiamento ed al declino fisiologico di molti castagneti, e tutto ciò ha favorito la recrudescenza degli attacchi parassitari. Patogeni fungini e insetti fitofagi, infatti, decurtano pesantemente la produzione castanicola.
Il quadro delle avversità del castagno da frutto è piuttosto complesso. Storicamente, due gravi fitopatie il Cancro corticale e il Mal dell’inchiostro, e insetti spermocarpofagi come le Cidie e il Balanino, hanno fortemente compromesso la produzione castanicola. Più di recente, nuove avversità parassitarie, quali l’agente del marciume bruno o gessoso delle castagne Gnomoniopsis castaneae e il cinipide galligeno Dryocosmus kuriphilus, hanno ulteriormente aggravato le condizioni fitosanitarie e produttive dei castagneti da frutto, con danni soprattutto di carattere economico, riguardanti la mancata commercializzazione del prodotto.
La castanicoltura in Toscana
In Toscana la castanicoltura riveste un valore economico, sociale e culturale inestimabile. Quella da frutto, in particolare, è stata in passato fondamentale per la sopravvivenza delle popolazioni delle aree interne collinari e pedemontane più svantaggiate. Purtroppo, negli ultimi decenni un progressivo declino ha portato all’abbandono di molti castagneti. I territori a forte vocazione castanicola, tra cui Pratomagno e Casentino, hanno fortemente risentito di queste problematiche. Appare oggi prioritario invertire tale trend, per salvaguardare questa preziosa coltura e provare ad arginare lo spopolamento della montagna, le cui popolazioni costituiscono un presidio per la protezione del territorio.
L’introduzione di nuove tecniche colturali, di metodi di difesa dalle avversità parassitarie ecocompatibili ed economicamente sostenibili, nonché nuove forme di reddito (ad es. produzione di biochar dai materiali di risulta) potrebbero fornire nuova linfa vitale al comparto castanicolo.
Progetto INGECA
Il progetto INGECA (Strategie INnovative a basso impatto per la GEstione delle avversità dei CAstagneti da frutto) finanziato nell’ambito del PSR 2014/2020 – Bando per l’attuazione dei Piani Strategici (PS) e la costituzione e gestione dei Gruppi Operativi (GO) del Partenariato Europeo per l’Innovazione in materia di produttività e sostenibilità dell’agricoltura (PEI – AGRI), ha avuto lo scopo di dimostrare l’efficacia di nuovi metodi di gestione del castagneto per aumentare la redditività della produzione castanicola. INGECA finanziato nel 2019 terminerà verso la fine del 2022, in questo periodo, attraverso il trasferimento al settore della castanicoltura delle più innovative applicazioni biotecnologiche nel campo della lotta biologica e la prototipazione su scala aziendale di un prototipo di carbonizzatore ha consentito di dimostrare come sia effettivamente possibile e plausibile una gestione del castagneto economicamente sostenibile e rispettosa della ricca biodiversità che lo caratterizza.
Le attività di ricerca, sperimentazione e divulgazione dei risultati sono state svolte da: Università degli Studi di Firenze, capofila del progetto; Università degli Studi della Tuscia; Comune di Ortignano- Raggiolo; ed il Consorzio della Farina di Castagne del Pratomagno e del Casentino. Inoltre, al progetto partecipano due aziende castanicole del comprensorio che hanno messo a disposizione i loro castagneti per lo svolgimento delle prove. In dettaglio due sono le tematiche principali affrontate dal progetto, una con particolare focus sulla difesa biologica dei castagneti da frutto e l’altra sulla carbonizzazione dei residui legnosi.
Difesa biologica dei castagneti da frutto
L’impiego di organismi benefici o agenti di biocontrollo (BioControl Agents, BCA), la cui efficacia nella protezione delle colture è ormai una realtà, ed il cui impiego è una delle priorità della ricerca e delle politiche agricole dell’Unione Europea, possono costituire una valida e promettente alternativa per il contenimento delle avversità parassitarie. Tali BCA, che stimolano le difese naturali della pianta ed agiscono da antagonisti naturali sia degli agenti patogeni che degli insetti fitofagi dannosi, svolgeranno sempre più un ruolo chiave nei programmi di difesa integrata delle coltivazioni. Nei castagneti inclusi nel progetto sono stati effettuati interventi di difesa biologica con BCA del genere Trichoderma, nematodi entomoparassiti e feromoni sessuali. È stata poi verificata l’efficacia degli interventi attraverso monitoraggi ad intervalli regolari, secondo un time-sheet che tiene conto dei fattori ambientali, della fenologia del castagno e della biologia di tutti gli altri organismi coinvolti.
Carbonizzazione dei residui di potatura
Ulteriore scopo del progetto INGECA è stato quello di creare una nuova e inaspettata fonte di reddito per le aziende castanicole e non solo. Questa nuova opportunità economica si è basata sul recupero di materiali di scarto risultanti dalle potature, cercando di dare loro nuova funzionalità e vita attraverso la trasformazione in carbone o biochar, a seconda delle esigenze e del materiale di input nel processo.
La carbonizzazione o pirolisi è un processo di decomposizione termochimica di materiali organici, che avviene in carenza di ossigeno. La pirolisi di biomasse legnose sviluppa all’unisono tre differenti prodotti, solido (carbone-biochar), liquido (liquidi di condensazione), gassoso (gas di sintesi-syngas). Negli ultimi anni si sta fortemente incentivando l’approccio della Bioeconomia, alla cui base c’è il recupero di scarti e residui, trasformandoli in sottoprodotti di valore: in quest’ottica la produzione di carbone da scarti di potature sembra essere un’ottima soluzione. La pratica della carbonizzazione in situ negli anni è stata abbandonata per scarse rese nell’utilizzo del materiale di scarto della gestione del castagneto nonché per il lungo tempo richiesto all’operatore per la conduzione del processo.
Nello specifico, è stato sviluppato un prototipo di carbonaia mobile verticale a misura d’azienda, con dimensioni relativamente ridotte, in cui il lavoro per le operazioni di carbonizzazione è tale da necessitare soltanto una giornata lavorativa di un operaio. Il recupero del materiale derivante dalle potature permette di aprire un nuovo capitolo sull’economia delle piccole realtà aziendali e può indurre l’avvicinamento di nuovi investitori attraendo forze nuove nel settore. Peraltro la trasformazione in carbone dei residui della coltivazione del castagneto da frutto è una buona pratica da un punto di vista fitosanitario.
In tal senso, un importante contributo può essere fornito anche da questo nuovo prodotto denominato biochar, ormai largamente riconosciuto come importante per l’agricoltura, per le sue proprietà colloidali che permettono di trattenere molecole d’acqua, e che ne rendono possibile l’uso come ammendante nei suoli. Il carbone ed i suoi derivati possono trovare ulteriore utilizzo anche in altri settori: dall’industria alimentare, alla chimica farmaceutica e alla cosmetica. Tutte queste possibilità di impiego generano un incremento di valore del materiale di output dei processi di carbonizzazione.
Risultati
L’integrazione delle buone pratiche gestionali con l’utilizzo di agenti di biocontrollo e la produzione di biochar (ottenibili dagli scarti della potatura e dalle altre pratiche colturali), ha sostanzialmente dimostrato come sia effettivamente possibile incrementare i margini di redditività aziendale su scala di piccola impresa. Ulteriori ricadute del progetto, oltre che l’aumento della produzione di castagne e la riduzione dell’incidenza e della gravità degli attacchi parassitari sul frutto, sono costituite dalle nuove opportunità occupazionali e di sviluppo sociale del territorio. Queste vanno di pari passo con la conservazione dell’integrità ecologica e della biodiversità dei castagneti ed il mantenimento dei benefici e dei servizi ecosistemici che i castagneti in buona salute sono in grado di offrire.
Autori: Chiara Aglietti, Alessandra Benigno, Matteo Bracalini, Damiano Tocci, Rachele Venanzi, Leonardo Zucconi
Fonte: Cia Etruria