Con un recente decreto del Ministero delle politiche agricole, sono stati finalmente definiti i requisiti e gli standard minimi necessari per l’esercizio delle attività oleoturistiche, al fine di essere considerate attività agricole connesse, al pari dell’agriturismo e dell’enoturismo. Il decreto era atteso dalla fine del 2020, quando con la Legge di bilancio 2020, il legislatore ha sancito che tale attività, al pari del già esistente enoturismo, se svolta da un imprenditore agricolo diventa un’attività connessa ai sensi dell’articolo 2135 del Codice Civile. L’attività può essere svolta anche da altri soggetti imprenditoriali, quali ad esempio, i frantoi. Senza addentrarci più di tanto nell’argomento, possiamo senz’altro affermare che un’attività di così particolare interesse, potrebbe trovare una sua collocazione nell’ambito di una Rete di imprese.

Rientrano tra le attività che caratterizzano l’oleoturismo, tutte quelle iniziative imprenditoriali che:

  • a) facilitano la conoscenza dell’olio di oliva attraverso visite nel luogo di produzione;
  • b) consentono l’accesso nei luoghi di coltura;
  • c) illustrano la cultura olearia tramite visite presso i luoghi in cui sono esposti gli strumenti necessari alla coltivazione dell’ulivo;
  • d) propongono la degustazione e la commercializzazione delle produzioni aziendali anche in abbinamento ad alimenti d’accompagnamento, con esclusione della somministrazione di pasti e bevande ed i servizi correlati;
  • e) organizzano, presso i luoghi di coltivazione o produzione, iniziative didattiche e ricreative.

Al fine di mantenere la necessaria connessione con l’attività agricola principale, il Decreto pretende il rispetto di requisiti minimi, in aggiunta agli standard di qualità del prodotto, specificatamente indicati nel provvedimento ed il rispetto delle norme generali di qualità igienico sanitaria:

  • a) l’apertura settimanale o anche stagionale di un minimo di tre giorni;
  • b) l’utilizzazione di strumenti di prenotazione delle visite, preferibilmente informatici;
  • c) l’indicazione dei parcheggi in azienda o nelle vicinanze;
  • d) la presenza di personale addetto dotato di competenza e formazione, anche sulla conoscenza delle caratteristiche del territorio.

A questo punto, le regioni possono mettere mano/aggiornare i necessari regolamenti applicativi, disponendo, tra le altre cose, i percorsi formativi per l’abilitazione degli addetti o l’equiparazione di titoli o condizioni che ne escludono l’obbligo. L’impresa agricola interessata, previa verifica puntuale di quanto sopra evidenziato, per intraprendere un’attività oleoturistica, dovrà presentare al Comune una SCIA (Segnalazione Certificata di Inizio Attività). Dal punto di vista fiscale, la medesima impresa potrà applicare la disciplina già prevista per l’attività agrituristica, ovvero il regime forfettario per la determinazione del reddito e dell’IVA. Più in particolare, dal punto di vista reddituale, saranno imponibili Irpef, il 25% dei ricavi ottenuti dallo svolgimento dell’attività; ai fini IVA, solo se l’attività viene svolta da imprenditori agricoli, sarà dovuto il 50% dell’Imposta incassata dalle prestazioni. L’impresa potrà comunque valutare la possibilità di scegliere il regime ordinario, ma la scelta condiziona sia il sistema di determinazione dell’IVA che del reddito imponibile.


Tratto da Dimensione Agricoltura n. 3/2022