Stefano Berti, direttore Cia Pisa, illustra come è nato il progetto Distretto e quali saranno le potenzialità per il territorio e gli agricoltori

di Lorenzo Benocci


Direttore Berti, il Distretto rurale della Val di Cecina è realtà. Come è nato e di che cosa si tratta?

Non posso nascondere che sia stato io a promuovere l’idea progettuale. Vengo dalla Val di Cecina e conosco l’enorme potenziale di quel territorio. Potenziale ampiamente inespresso per motivi diversi. Ma principalmente per la difficoltà a mettere in campo azioni con una visione territoriale, condivisa e multisettoriale con l’agricoltura ad esercitare davvero il ruolo di settore centrale e propulsivo.

Poi quando ho letto la nuova legge regionale (L.R. 17 del 2017) sui distretti rurali, mi è apparsa da subito come lo strumento giusto per supportare quel territorio e da lì ci siamo attivati.


Qual è stato l’impegno delle Cia di Pisa per arrivare a questo risultato?

La Cia di Pisa è stata la protagonista principale in tutto il percorso preliminare di animazione.

Ci siamo fatti carico di organizzare incontri, spesso anche informali, riunioni, colloqui con Sindaci, con colleghi delle altre associazioni agricole, delle associazioni del commercio e dell’artigianato, coinvolgendo anche soggetti da subito ritenuti strategici come la Camera di Commercio di Pisa, il GAL Etruria, la cooperativa Terre dell’Etruria e la Fondazione Cassa di Risparmio di Volterra.

Questo nella convinzione, poi rivelatasi vincente, di come fosse importante ricercare fin dall’inizio la massima condivisione e il massimo coinvolgimento.


Di cosa si dovrà occupare?

Intanto non si dovrà occupare di cosa già si occupano i soggetti che operano sul territorio. Cioè non ci dovranno essere e non ci saranno sovrapposizioni di ruoli.

Il distretto rurale è l’ambito dove gli stakeholder progettano e definiscono le linee strategico per uno sviluppo strutturale e sostenibile del territorio. Successivamente dovrà mettersi a disposizione per attivare tutti gli strumenti di supporto necessari per raggiungere gli obiettivi del progetto.

Il Distretto si è dotato infatti di una struttura tecnica esterna che darà consulenze, cercherà strumenti finanziari, si farà carico di adeguare il progetto economico se il distretto lo richiederà.


Quali saranno gli interlocutori principali?

Indubbiamente i Sindaci, le associazioni di categoria agricole del commercio e dell’artigianato, la Camera di Commercio e la Fondazione Cassa di Risparmio di Volterra. Ma poi ogni soggetto che operi direttamente o indirettamente sul territorio. Tra gli obiettivi c’è anche quello base di contribuire a migliorare la qualità della vita complessiva di chi vive in Val di Cecina.

Quindi si dovrà interloquire con chi si occupa di scuola, di sanità, di sociale, di ambiente. Poi, partendo dal fatto che la nostra agricoltura ha scarsa propensione a percorsi di aggregazione, sia di processo che di prodotto, anche con le cooperative del territorio.


Quale il ruolo degli agricoltori all’interno del progetto?

Gli agricoltori dovranno essere tra i protagonisti principali. Il loro ruolo sarà proattivo e di grande disponibilità anche a mettere in discussione alcune modalità di come sono state portate avanti le loro imprese.

Sarà fondamentale ad esempio instaurare un rapporto nuovo con chi svolge attività turistico ricettive, a cominciare dagli agriturismi, ma poi con tutta la ristorazione il commercio agroalimentare locale.


Il Distretto è un modello esportabile e replicabile altrove?

Più che il modello di distretto che si sta delineando in Val di Cecina, ritengo sia esportabile il modello di lavoro che abbiamo seguito per arrivare alla costituzione di questo distretto. La forza del distretto rurale e delle normative di riferimento sta nel fatto che questo strumento si possa e si debba adattare alle esigenze specifiche e alle peculiarità dei territori.


DISTRETTO RURALE / IL PROGETTO NEL DETTAGLIO

Il distretto è una strategia mirata che ingloba, nei suoi cardini, l’innovazione e la valorizzazione dei prodotti attraverso ricerca tecnologica e marketing territoriale; la “logistica di trasformazione”, una piattaforma integrata per la commercializzazione dei prodotti agricoli e agroalimentari locali, con progetti ed eventi di promozione dei prodotti e dello stesso territorio; il recupero dei modelli di agricoltura tradizionale, la salvaguardia e la valorizzazione dell’agrobiodiversità locale, l’implementazione del valore storico e paesaggistico dell’area per il rafforzamento dell’identità e dell’identificabilità territoriale; lo sviluppo di una crescita culturale e professionale degli operatori del settore turistico, supportando la strutturazione del sistema turistico sostenibile.

Ed ancora: la salvaguardia dell’ambiente, anche in chiave di rilancio dell’economia locale e di intercettazione dei fondi nazionali ed europei, la possibile richiesta di riconoscimento come bio-distretto, azioni a supporto degli enti locali in tema di infrastrutture e soluzioni per la connettività dei e nei territori, oltre a azioni di formazione e supporto alle imprese.

Si apre uno spazio del tutto nuovo in termini di strategie e di politiche di intervento e sostegno allo sviluppo locale, nell’ottica di una pianificazione strategica capace di mettere in un dialogo costante i perni di un territorio dove la vocazione agricola si intreccia ad una storia ultra millenaria, alle bellezze paesaggistiche, alle risorse naturali, alle capacità artigianali, ad un turismo tutto in crescita da anni.


Tratto da Dimensione Agricoltura n. 11/2019