È possibile conciliare la produzione agroalimentare con quella energetica? Nella quinta giornata all’Esposizione Universale, il 9 settembre scorso, Cia e Aiel affrontano la questione con un’iniziativa “ad hoc”. Per Scanavino “l’integrazione non è solo possibile, ma auspicabile”. Sulla stessa linea Brugnoni: “Bisogna dare agli agricoltori un ruolo centrale nella ‘rivoluzione verde’ e trasformarli da semplici fornitori di biomasse in protagonisti virtuosi e consapevoli sul fronte alimentare, energetico e ambientale”.
“Food or not food, that is the question”. Arriva anche Amleto all’Expo e propone un dilemma che negli anni passati ha prodotto non poche polemiche: produrre dalla terra cibo o energia? E poi domandarsi ancora: l’umanità ha più fame o ha più fame di luce? Tutte domande che da una parte hanno spinto la ricerca, ma dall’altra hanno scavato una sorta di fossato ideologico. A questi interrogativi si è cercato di dare una risposta con l’iniziativa “Cibo ed energia: muovi equilibri per l’agricoltura del futuro”, organizzata da Cia e Aiel oggi all’Auditorium di Palazzo Italia.
“Siamo convinti -ha spiegato il presidente nazionale della Cia, Dino Scanavino- che un’integrazione tra produzione di cibo e produzione di agroenergia non solo è possibile, ma è auspicabile. Da sempre la nostra Confederazione è impegnata nella promozione dell’agricoltura polifunzionale e nella ricerca di incremento di reddito per le imprese agricole. In questo settore si realizzano queste due possibilità con un ulteriore valore aggiunto: preservare il pianeta”. Infatti “l’impatto delle bioenergie sull’ecosistema è bassissimo -ha continuato Scanavino- e in una prospettiva di sviluppo sostenibile questo è un elemento fondamentale. L’impegno di Cia per promuovere un’agricoltura che al tempo stesso sia sostenibile, capace di generare reddito e che attraverso l’innovazione generi nuovo valore, trova in questa occasione di approfondimento non solo una sintesi del proprio operare, ma una concreta prospettiva di azione”.
Una prospettiva che però ha bisogno di regole chiare, a partire dal sistema degli incentivi alle agroenergie. “Prima di tutto -ha spiegato il presidente di Aiel, Domenico Brugnoni- è necessario che i contributi alle energie sostenibili accompagnino la transizione dalle fonti fossili a quelle rinnovabili, con interventi che premino l’innovazione e l’efficienza a discapito delle speculazioni”. Gli obiettivi, poi, non devono essere solo quantitativi ma anche qualitativi: “E’ necessario avere le idee chiare sui modelli aziendali che vogliamo sostenere tramite il sistema delle tariffe incentivanti -ha proseguito Brugnoni-. La generazione distribuita, cioè piccoli e medi impianti diffusi nel territorio e orientati allo sviluppo locale, è la chiave per dare agli agricoltori un ruolo centrale nella ‘rivoluzione verde’ e trasformarli da semplici fornitori di biomasse, che altri trasformeranno energeticamente, in protagonisti virtuosi e consapevoli sul fronte alimentare, energetico e ambientale”.
Perché “il ‘food’ resta la vera vocazione dell’azienda agricola -ha aggiunto Marino Berton, direttore generale di Aiel- ma l’integrazione con la produzione energetica è un’occasione eccezionale di competitività che può dare al Made in Italy agricolo una marcia in più”, anche per uscire dall’attuale fase di crisi. “Per questo oggi bisogna costruire una strategia di integrazione e non di competizione tra produzione alimentare e produzione di agroenergie -ha ribadito Berton-. Ed è in quest’ottica che biomasse e biogas diventano uno strumento per salvaguardare lo stato di salute dell’azienda e quindi anche la sua attività primaria”.
Hanno animato l’iniziativa di Cia e Aiel molti esperti istituzionali: Olivier Dubois, Senior Natural Resources Officer & Coordinator of FAO’s work on Bioenergy della FAO; Dominique Dejonckheere, Senior Policy Advisor Copa-Cogeca; Jean Marc Jossart, Segretario generale AEBIOM-Associazione europea delle Bioenergie; Giuseppe Castiglione, Sottosegretario del Ministero delle Politiche Agricole.
FOCUS CIA E AIEL – Bioenergie, una spinta all’Italia. I campi illuminano il Paese: nel 2020 il 19% dell’energia elettrica e il 60% delle fonti di calore arriverà dalle biomasse. Il bosco batte il petrolio nelle case degli italiani
Lo sviluppo delle bioenergie sarà la vera alternativa energetica per l’Italia. Secondo uno studio dell’Enea da qui al 2020 le bioenergie forniranno il 19% dell’energia elettrica e il 60,7% delle fonti di calore del nostro paese. Già adesso dalle bioenergie si ricava circa il 13% dell’energia elettrica e il 40% delle fonti di calore.
È uno sviluppo continuo che se prima aveva come limite quello di veder convertite coltivazioni dal “food” al “non food” ritenendosi più remunerativo produrre biomasse, oggi grazie alla ricerca di fatto si alimenta la bioenergia con la produzione di “materie prime seconde”, cioè con gli scarti della lavorazioni agricole e agroalimentari. E questo in una prospettiva di sviluppo ecocompatibile e sostenibile e una spinta alla cosiddetta “economia circolare”.
A dare il segno dello sviluppo del settore sono proprio gli ultimi dati, che aprono nuove prospettive anche alla selvicoltura. Nell’ultimo anno in Italia il bosco, di fatto, ha battuto il petrolio. Tenendo conto di tutti i consumi di combustibili e carburanti per riscaldamento e trasporti si scopre infatti che abbiamo consumato poco più di 8 milioni di tonnellate di benzina (integrata anche con carburante verde), un po’ meno di 22 milioni e mezzo di tonnellate di gasolio (compreso biodiesel), meno di un milione e mezzo di tonnellate di gasolio da riscaldamento, 3,3 milioni di tonnellate di Gpl e oltre 24 milioni di tonnellate di biomasse legnose.
E ciò che più conta è che questa fonte di energia è la più risparmiosa per le famiglie. Facendo un po’ di conti viene fuori che il costo finale (tasse e Iva incluse) per l’utente -a parità di calore ricavato- è nove volte inferiore rispetto al Gpl se si usa cippato: 35 euro contro 253 del Gpl. E ancora, se si fa il confronto tra la legna da ardere e il gasolio da riscaldamento siamo a 45 euro contro 136 e anche nel confronto tra pellet in sacchi e il metano (62 euro contro 82) vince comunque il biocombustibile.
Ciò che è incoraggiante è che l’Italia dispone di un’ampia riserva di biomasse dalle quali produrre energie. Basta considerare che negli ultimi 50 anni la superfice forestale in Italia è raddoppiata passando da 5,5 milioni di ettari a 10,4 milioni. E ciò è principalmente dovuto alla ricolonizzazione spontanea di terre agricole e pascolive abbandonate da parte del bosco. Il che significa che la dicotomia food-non food in Italia si può risolvere semplicemente sfruttando per la produzione di bioenergie le terre incolte e marginali. Ed applicando alle biomasse nuove tecnologie, come il teleriscaldamento, incrementare ulteriormente la produzione di energia e di calore con il più basso impatto ambientale possibile e con un miglioramento significativo del reddito delle imprese agricole.
Fonte: Cia nazionale